Le poetesse: Veronica Gambara

Continua la nostra rassegna sulle grandi poetesse del passato, Veronica Gambara, appare notevolmente importante e con liriche molto incisive.

Maria Catalano Fiore

contributi della docente Dina Ferorelli

Veronica Gambara (Brescia, Pralboino 1485 – Correggio1550) . Veronica nasce nel vecchio castello di Pratalboino (oggi Pralboino) da nobile famiglia. Figlia del piccolo feudatario Gianfrancesco e di Ada dei Pio di Carpi, quarta di sette figli, la famiglia vantava un’importante tradizione umanistica: Pietro, il fratello di Gianfrancesco, era un erudito che aveva in casa una tipografia, mentre Ginevra Nogarola, la lor madre, era stata per il proprio sapere lodata dal letterato veneziano Francesco Sansovino (1521-1586), figlio dell’artista Jacopo.

Anche nella famiglia materna c’era una eminente umanista, quell’Emilia Pio che Baldassarre Castiglione(1478-1529), umanista e diplomatico, nunzio apostolico e giramondo considererà, insieme ad Isabella d’Este e a Elisabetta Gonzaga ……., come emblema della donna di cultura che si stava affermando nel Rinascimento.

Gianfrancesco, amante della letteratura, permette alla figlia di ricevere un’ottima educazione umanistica comprendente lo studio della filosofia, della teologia, del greco e del latino. Probabilmente precettore dei ragazzi è il maestro di grammatica Tommaso Ferante che collaborava con Pietro Gambara.

Veronica vive molto anche nella vicina Brescia, all’epoca ricca di fermenti culturali in piena espansione.

Correggio: presunto ritratto di Veronica Gambara o di Ginevra Rangoni (Museo dell’ Hermitage, San Pietroburgo)

Per donne delle famiglie nobili era d’obbligo cimentarsi con la poesia e la conversazione letteraria. In questo contesto Veronica comincia a scrivere versi già dall’adolescenza, obbedendo da un lato alla maniera petrarchesca che alle prose del cardinale Pietro Bembo (1470-1547) scrittore e poeta umanista, mostrando contemporaneamente, un notevole talento e un accento personale, lontano dai lamenti d’amore per Laura.

Con Pietro Bembo, conosciuto dal padre nella sua attività diplomatica, avvierà una corrispondenza di lettere e sonetti già nel 1502, sino alla morte del Cardinale.

La sua prima lettera, giunta sino a noi è una lettera a Isabella d’Este del 1 febbraio 1503.

Raggiunta l’età maritale la scelta cadde su Giberto VII, signore di Correggio, vedovo di una nipote di Giovanni Pico della Mirandola. Dopo le opportune dispense il matrimonio fu celebrato per procura a Brescia nel 1508 e, in forma privata, ad Amalfi l’anno successivo. tra i testimoni dello sposo il giovane pittore Antonio Allegri, poi assunto alla fama con lo pseudonimo di “Correggio”(1489-1534)

Antonio Allegri detto il Correggio: Soffitto della Camera della Badessa, Monastero di San Paolo- Parma.

Per quanto combinato, fu veramente un matrimonio d’amore, a suo marito dedicò il madrigale di nove versi “Occhi lucenti e belli”, una delle sue composizioni più celebri.

A Correggio si ambienta ed è apprezzata dai cittadini, mette al mondo due figli Ippolito, uomo d’armi; di seguito Gerolamo, futuro Cardinale.

Grazie a questa sua libertà Veronica può esprimersi al meglio ed ottenere anche il giusto riconoscimento dai letterati suoi contemporanei.

I versi di Veronica sono stati molto amati da Giacomo Leopardi.

Oltre alle sue rime, sono conservate anche le sue Lettere, dove ci appare una Veronica viva e attenta che partecipa attivamente alla vita culturale del suo tempo. Dal 1518, infatti, dopo la morte del marito, si occupa degli affari dello Stato di Correggio che regge con abilità e determinazione sino alla sua morte del 1550.

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